Maria+…Holic

…Una scuola missionaria cattolica, una lesbica, un travestito, Dio, la Madonna… mancano solo tutti gli angeli in colonna!

Maria+Holic

Kanako è una ragazza che odia gli uomini in maniera inverosimile: è arrivata al punto da avere reazioni cutanee estreme non appena uno di loro la tocca.
Per tale motivo, si è fatta trasferire nella scuola missionaria cattolica per sole ragazze dei suoi sogni: per trovare la sua anima gemella… tra le studentesse! A causa del suo totale ribrezzo per il genere maschile, è difatti omosessuale.
Incontra subito Mariya, una fanciulla meravigliosa e delicata che la aiuta ad orientarsi nella scuola. Ben presto tuttavia, ognuno scopre i segreti dell’altro: Mariya viene a conoscenza della passione saffica di Kanako, mentre quest’ultima scopre che Mariya in realtà è un uomo travestito!!
Mariya, per evitare di venire espulso, minaccia quindi Kanako per tramite della sua posizione favorita di nipote dell’ex-preside: terrà la povera nuova arrivata sotto controllo 24 ore al giorno, per essere sicuro che il segreto non le sfugga.
Inizia così la tragicomica avvenutra di Kanako, tra infiniti sanguinamenti di naso a causa delle mille bellissime ragazze che la circondano e l’orrore di dividere la stanza con un ragazzo infame e bastardo oltre ogni limite, che pare aver preso come hobby il rovinare la “caccia all’amore” della povera coinquilina.

Come si può sin da subito comprendere, questo anime è quantomeno blasfemo: tutti questi malintesi sessuali all’interno di una scuola cristiana faranno sì che un eventuale religioso che assista a tale spettacolo perda qualche anno di vita.
Il punto focale di tutto è l’estrema, continua e martellante comicità: tramite le tragedie che perseguitano la povera Kanako c’è decisamente parecchio da ridere. Il genere delle battute ricorda quello del più famoso prodotto SHAFT, Sayonara Zetsubou Sensei, mantenendo tuttavia un collegamento vagamente più pronunciato con la realtà (per quanto tale si possa definire l’assurda definizione di cui sopra). Gli sketch sono ben eseguiti e ben supportati dal disegno, risultando davvero spassosi.
L’unico problema è che alla centomillesima volta che il sangue da naso scorre copioso, la cosa inizia a farsi un pochino ripetitiva… la quasi totalità delle battute riguarda infatti la passione della protagonista per il genere femminile, e mille varie situazioni/fantasie/delusioni in tl senso.

Parlando della protagonista, è bene spendere un paio di parole sui protagonisti; i due personaggi principali reggono bene lo schermo, sebbene -come detto sopra- Kanako sia decisamente monotona. Molto più interessante è il personaggio di Mariya, che trova modi sempre nuovi per torturare la sua vittima e ogni tanto svela anche qualche lato decisamente più umano (che però non viene mai particolarmente sviluppato nell’anime – il manga da cui è tratto è ancora in pubblicazione). Anche i personaggi di contorno sono molto ben realizzati: partendo dalla maid Matsurika, sadica quanto e più di Mariya ma ben più posata, fino ad arrivare a tutte le compagne di scuola, esse hanno le loro peculiarità che le rendono utili per reggere gli scherzi che vengono orchestrati dalla coppia di carogne di cui sopra. Non c’è ovviamente un grande approfondimento su nessuno, visto che la serie verte sulla comicità più che sull’introspezione, ma qualcosina dei loro caratteri si capisce e questo non fa che rendere ancor più spassoso il tutto.

Il disegno è davvero meraviglioso. L’utilizzo dell’oramai classico stile SHAFT è usato tantissimo (anche qui riprende lo stile di Sayonara Zetsubou Sensei in più di un’occasione), ma in aggiunta troviamo dei disegni dettagliatissimi e molto gradevoli anche in versioni non-HD, alcune immagini mozzafiato quasi ai livelli di ef ~ a Tale of Memories ed inoltre vengono usati molti stili diversi, per rappresentare i diversi stati d’animo. I disegnatori hanno davvero dato il meglio per supportare la comicità delle battute con l’adeguato apporto grafico, senza il quale il divertimento sarebbe stato dimezzato.
Anche l’audio si difende benone, con opening ed ending davvero gradevoli e una colonna sonora improntata alla musica classica, coerentemente allo stile della scuola e in contrapposizione con il delirio che accade a video.

Insomma, Maria+Holic è il “classico” lavoro della SHAFT: un’idea originale presa da un manga, studiata a tavolino nei minimi dettagli, realizzata con somma cura e consegnata allo spettatore senza gravi pecche di sorta. L’unica cosa che si può davvero criticare in questo caso, come detto, è la ripetivitità: dopo 7-8 delle 12 puntate ero un po’ stufo di vedere sempre lo stesso pattern nella costruzione delle battute e delle situazioni comiche.

Voto: 8,5. Se solo fosse stato un po’ variato e se la comicità avesse coinvolto più personaggi, avrebbe potuto essere ancor più divertente. E il finale… ARRRRRRGH!

Consigliato a: chi ha amato i precedenti lavori SHAFT; chi vuole ridere con un bel po’ di dissacrante commedia; chi vuole conoscere Dio, la bambina senza età e con le orecchie da gatto guardiana del dormitorio n. 2 assieme al suo cane rauco.

Solty Rei

Un Noir ambientato nel futuro:

Solty Rei

Ci troviamo in un imprecisato futuro. Siamo a dodici anni di distanza dal tragico Blast Fall: dall’aurora che sovrasta in ogni momento la città scese un globo di energia che rase al suolo quasi tutto, ivi incluse numerosissime vite.
Roy Revant è un cacciatore di taglie di vecchio stampo: aria truce, cappotto sempre addosso e violenza quanto basta, vive da allora cacciando i criminali nella speranza di ritrovare la sua figlia scomparsa nel tragico incidente di cui sopra.
La tecnologia del Resembling si è particolarmente sviluppata dopo la tragedia: molte persone, dopo tale evento, sono rimaste gravemente ferite e delle parti cibernetiche sono state innestate in loro, rendendole a tutti gli effetti più potenti.
Nella sua attività di cacciatore di taglie, Roy si ritrova in una situazione particolarmente pericolosa in cui viene salvato fortunosamente da una misteriosa ragazza con una potenza ineguagliabile: dopo vari tentennamenti essa viene data in affidamento a lui, e viene nominata Solty. Lei non sa nulla del suo passato, e curiosamente attorno a lei molte persone iniziano a gravitare… ma quale è la sua origine? Come mai così tanta gente è interessata a lei? E cosa si nasconde dietro al cataclismatico Blast Fall?

In primis, una valutazione va data alla storia in sé. Inizialmente mi pareva davvero debolissima: un’idea iniziale non del tutto da buttare era stata devastata da 20 puntate su 26 di filler, senza praticamente alcuno sviluppo. Nelle ultime puntate, tuttavia, vengono estratte alcune idee niente male: da un punto di vista riassuntivo si può dire che le idee c’erano, ma il loro sviluppo è singhiozzato e frammentario. Per quasi tutta la serie i personaggi agiscono senza alcuna apparente logica, per poi ricever spiegazioni solo alla fine: vedere tuttavia otto ore di anime senza capirci nulla non è divertente.

Parlando di personaggi, si va a toccare il punto più dolente di tutti: i protagonisti. Essi sono di una piattezza incredibile, stereotipati e monotoni in ogni loro aspetto. Roy nasce come classico burbero dal cuore ferito, Solty pare la classica ragazzina pseudo-aliena dissociata, Miranda si palesa come la spalla di Roy in ricordo di vecchie amicizie… e tutti loro non fanno un millimetro più di quanto il loro personaggio richieda.
Il gruppo di fuorilegge risulta noioso e, nonostante la loro teorica parte di importanza non indifferente, paiono delle inutili comparse: lo stesso si può dire delle quattro superpoliziotte, le cui vicende occupano intere puntate ma che risultano assolutamente non interessanti.
I “cattivi” agiscono in maniera stupida e illogica, buttando all’aria centinaia di anni di pianificazione per qualche capriccio (il classico “spiego tutto il mio piano solo per farmi fregare alla fine”): una vera delusione.

L’ambientazione non è malaccio, ma gestita dai personaggi di cui sopra risulta anch’essa poco affascinante: durante la storia i personaggi si trovano sempre più invischiati in tragiche vicende (con un paio di colpi di scena ben piazzati e ben congegnati, ma mal sfruttati nel proseguio della narrazione). È come se avessero voluto piazzare un Noir anni ’20 in un ambiente post-apocalittico, con come risultato un minestrone con poco sapore.

I disegni, per essere della GONZO e del 2005, sono parecchio scarsi: anche la CG è mal integrata con il tratto usuale. L’opening personalmente non mi è piaciuta, ma ho trovato di inusuale qualità la musica durante le puntate: almeno su questo punto si sono messi d’impegno.

Insomma, cosa rimane dopo la visione di Solty Rei? Rimane l’impressione di aver guardato una serie nata con qualche buona idea, e sviluppata in maniera raffazzonata e poco curata. 20 puntate di filler, 4 puntate di sviluppo a passo di corsa e le ultime due puntate di altri filler non fanno che lasciare un retrogusto amaro per qualcosa che avrebbe potuto essere, e non è stato.

Voto: 5,5. Buoni spunti alle idee, ma lo sviluppo non raggiunge la sufficienza.

Consigliato a: chi ama il genere Noir rivisitato; chi desidera una storia tragica, ma con un inusuale lieto fine; chi vuole incontrare delle poliziotte con il nome di automobili.

Howl’s Moving Castle

In italiano, Il castello errante di Howl:

Howl’s Moving Castle

Siamo in un’ambientazione simil-ottocentesca, ma con gigantesche macchine volanti di vago sapore steampunk. Sophie è una ragazza che vive una vita tranquilla, facendo la cappellaia nell’impresa del padre.
Un giorno, per caso, incontra Howl: egli è un potente mago che guida un castello con l’abilità di vagare nelle terre, per non farsi mai prendere.
A seguito di tale fortuito incontro, tuttavia, Sophie vien maledetta dalla Strega delle Lande, diventando una vecchia signora in un sol colpo. Ella decide pertanto di andare in cerca della strega per farsi togliere la maledizione, e incontra il castello di Howl sulla sua strada: Calcifer, il demone del fuoco che da vita al posto, le promette di liberarla dall’incantesimo se Sophie lo aiuterà nel fuggire dalla sua prigionìa. Inizia così il curioso viaggio dello strano gruppo tra magie, guerre e un pizzico di romanticismo.

Descrivere la trama dell’anime oltre questo punto risulta davvero complicato: accadono molte cose, ma trovare un filo conduttore è decisamente difficile. Questa non vuole essere una critica alla struttura della serie, che risulta piacevole da seguire e non risulta mai confusionaria: vuol tuttavia dire che più che un anime da seguire, questo è un anime da sentire.
Ritengo infatti che il difficile nel descrivere Il Castello Errante di Howl sia proprio questo: non si capisce cosa c’è che interessa ed attrae, ma si risulta ugualmente immersi nelle vicende che seguono i personaggi che si incontrano.

Accennando ai personaggi, è bene spendere due parole su di essi: nel film non vengono mai presentati a fondo i passati dei vari protagonisti (a parte Howl, di cui si scopre qualcosa, e Sophia, di cui si vede un pezzo di vita all’inizio), ma essi risultano comunque gradevoli e abbastanza completi, per il ruolo che hanno da ricoprire. Particolare simpatia suscita Calcifer, il fuoco di casa, che si comporta esattamente come ci si aspetterebbe da un fuoco senziente: vuol bruciare e bruciar tanto, teme l’acqua e chiede d’esser ravvivato col timore di spegnersi per sempre.

La grafica porta il tratto riconoscibile dello Studio Ghibli, ma sicuramente molto meno di altri lavori: la CG viene usata in maniera abbastanza intensa, e risulta abbastanza gradevole alla vista. Splendido soprattutto il castello in movimento, che ha un’aria maestosa e intrigante.
Le musiche sono tuttavia abbastanza anonime, e non aiutano molto a suppotare le varie scene che ci si trova ad osservare.

Insomma, che dire del Castello Errante di Howl? Che è un film animato strano, molto strano. Non si riesce a capire cosa ci sia di piacevole, ma piace; non si comprende quale sia la trama, eppure la si segue; non si vede qual è l’obiettivo dei personaggi, eppure si capisce se ci stanno riuscendo. Un lavoro davvero curioso.

Voto: 8. In virtù di quanto sopra, non lo classifico sicuramente da capolavoro: sarei tuttavia bugiardo se dicessi che non ho gradito la visione.

Consigliato a: chi non si offende se non capisce ogni singolo perché; chi adora lo steampunk fantasy; chi vuol conoscere Heen, il cane più asmatico del mondo.

Freedom

In un futuro lontano, la terra sarà deserta e la luna piena di vita?

Freedom

Ci troviamo nel 2267. Più d’un centinaio d’anni prima, l’uomo stabilì una massiccia colonia abitata sulla luna, per prepararsi alla colonizzazione di marte; la caduta di una stazione spaziale generò tuttavia un cambiamento apocalittico nella metereologia della terra, causando tempeste elettromagnetiche di scala planetaria e rendendo la terra un pianeta morto e inabitabile. La popolazione presente sulla luna abbandonò pertanto la missione riguardante marte, per concentrarsi sulla sopravvivenza del genere umano.

Takeru è un giovane che ha appena finito le scuole dell’obbligo, e dovrà scegliere in cosa impegnarsi a Eden, la sua città: è anche un appassionato di corse illegali, e modifica di continuo il suo veicolo per parteciparvi. A seguito di una punizione data dal severo governo, si ritrova a dover fare lavori di manutenzione a titolo volontario all’esterno delle cupole, sulla superficie lunare. È in tale occasione che vede cadere uno strano oggetto, e quando si avvicina trova i resti di un piccolo razzo con la fotografia di una bellissima ragazza in un luogo sconosciuto, e su cui c’è scritto “Noi stiamo bene. E voi?”.
Parte quindi la ricerca di tale misteriosa persona. Da dove arriva il messaggio? La terra non è forse un pianeta morto come si pensava? E se così fosse, perché ciò è stato tenuto segreto a tutti?

La storia è parecchio inusuale, e molto interessante. Ho trovato l’idea di principio estremamente valida, e mi ha tenuto interessato per tutto il tempo dei 7 OVA che compongono questa serie. La trama è articolata e ben strutturata, ma ha un problema molto grosso: è velocizzata all’inverosimile. Hanno compresso in 7 OVA materiale più che sufficiente a creare una classica serie da 26 puntate, e questo porta ad una continua corsa alla narrazione: la solidità del tutto ne risente molto. Allo stato attuale si vedono tre ragazzini che fanno una gara di velocità, poi trovano una foto e il giorno dopo decidono di partire per la terra: con altre 24 ore sembrano aver imparato a guidare razzi e aver preparato tutto l’occorrente. Sarebbe stato molto meglio un maggior sviluppo delle situazioni (non elencherò quali per motivi di spoiler), perché in questo modo pare sempre che le cose siano state fatte in due minuti, e quando si parla di viaggi spaziali non è molto credibile.
Inoltre, l’intero governo di Eden non è molto logico come elemento: viene sempre fatto notare come una società despotica che vieta ogni libertà eccessiva e mantiene tutto sotto costante controllo, ma le falle nei loro sistemi di sicurezza sono mostruose. Dicono ad esempio di non saper dove sono alcune costruzioni… come se ce ne fossero milioni sulla luna! E questo è solo un esempio delle varie incongruenze in tal campo.
Va detto infine che il rigore scientifico è abbastanza casuale, con navicelle che atterrano dall’atmosfera senza paracadute sulla roccia senza scalfirsi, oppure razzi costruiti da rottami che resistono a stress e calore senza problema alcuno.

I personaggi sono abbastanza carini, anche se abbastanza classici: abbiamo il solito protagonista testone che riesce a fare tutto con la forza di volontà, l’amico che pensa sulle cose e l’amico timido ma esperto di tecnologia: il trio tuttavia funziona bene e i coprotagonisti sono molto belli (la comitiva in stile anni ’60 con i vecchietti hippie è meravigliosa).

La grafica fa notare il disegno di Katsuhiro Otomo (Akira dice nulla?), ma la cosa caratteristica è che tutto è fatto integralmente in CG. Questo fa risultare i movimenti forse un po’ tanto “legnosi”, ma tutto sommato è una grafica ben fatta ed apprezzabile.
Le musiche sono secondo me ben azzeccate: opening ed ending rispecchiano bene l’ambiente della serie, e nelle puntate il contributo musicale è di qualità.

Leggendo tutto ciò, si potrebbe pensare che Freedom sia una ciofeca siderale: nulla è più lontano dalla verità. È un buon lavoro, con un’idea di base davvero ottima e una realizzazione di tutto rispetto: il fatto di aver buttato via un potenziale capolavoro per pressare tutto in così poco tempo mi ha tuttavia fatto arrabbiare non poco, e da ciò deriva quanto sopra scritto. Gli amanti di Otomo o di una fantascienza relativamente terre-à-terre potrebbero trovare qui pane per i loro denti.

Voto: 8. Dannazione, quanto mi spiace.

Consigliato a: chi ha amato i disegni di Akira, e ne vuole ancora; chi apprezza storie di un certo spessore, anche se raccontate con fretta e moderata superficialità; chi vuol vedere un anime sponsorizzato dai Cup Noodles.

Toradora!

Una delle migliori love comedy in circolazione:

Toradora!

Ryuugi è un ragazzo quieto e tranquillo, ma la natura gli ha donato uno sguardo naturalmente aggressivo e minaccioso: per tale motivo è temuto da chiunque a scuola, nonostante non faccia nulla di male.
Taiga, invece, all’apparenza è una docile bambolina, ma ha un carattere che definire pessimo è riduttivo. Violenta, irascibile e rissosa, è evitata da chiunque abbia avuto a che fare con lei.
I due scoprono in maniera abbastanza fortunosa di essere vicini di casa, e in maniera altrettanto casuale vengono a sapere che ognuno è innamorato dell’amico/a dell’altro: si accordano pertanto su un “patto di non belligeranza” al fine di portare alla meta ognuno dei due. Ci riusciranno? Cosa si nasconde dietro ai loro opposti ma compatibili caratteri? …e se nascesse altro?

Bisogna dire che sin dalla prima puntata si capisce come andrà a finire, e anche un paracarri capirebbe in linea di principio lo sviluppo della storia. Questo però non toglie nulla al come la stessa è stata meravigliosamente orchestrata: per buona parte della serie le luci della ribalta sono su Taiga e la sua cotta per Yuuske, mentre in seguito si lascia maggior spazio a Ryuuji e il suo debole per Minori. Ciò viene tuttavia sviluppato in maniera ottimamente amalgamata e senza definire precisi stacchi di trama che risultano artificiali: inoltre, in tutto il tempo in cui ciò accade si snoda la trama principale, che porta Ryuuji e Taiga agli sviluppi finali che concludono la serie.
La cosa più stupefacente, infatti, è che in un primo momento pare che ci si trovi davanti alla solita serie d’amore con inserti divertenti qui e là: in realtà, sotto le vicende che vengono narrate è sviluppato un’intera rete di interconnessione tra i vari personaggi che, alla resa dei conti, fa vedere quanto il lavoro sotto questo aspetto sia stato curato.
Va inoltre detto che la serie, per buona parte del suo sviluppo, è anche parecchio divertente: molte battute mi hanno fatto sganasciare non poco. Il finale è ovviamente più serio per permettere a tutte le trame in sospeso di concludersi degnamente, ed è tutto fuorché scontato: il risultato si conosce, ma le modalità sono semplicemente eccezionali.

Chiaramente, tutta quest’attenzione ai dettagli verrebbe sprecata se non ci fossero dei personaggi degni di sostenere la complessità e l’articolazione delle trame: anche in questo lato, tuttavia, Toradora lascia a bocca aperta.
I protagonisti sono infatti tra i migliori che mi sia mai capitato di vedere in una serie simile. Ryuuji è il fulcro di molte delle vicende sentimentali in ballo, ma per una volta ci sono anche dei motivi -contrariamente a quanto solitamente accade-. Egli è infatti un ottimo personaggio ed un’ottima persona: maturo quanto basta per prendersi cura della sua apparentemente svampita madre, pronto a correre per gli amici in difficoltà, di buon cuore e non stupido. È raro avere un protagonista così completo, che non sia un totale ritardato (tratto comune a quasi tutti i “desiderati” delle serie, che paiono non accorgersi di nulla).
Taiga regge il confronto, sebbene in principio appaia essere la solita tsundere: anche lei ha una vita che ne giustifica le azioni, ed essa viene ottimamente spiegata. Inizialmente può risultare antipatica, ma dopo aver iniziato a conoscere le sue vicende non si può che tenere i pugni per lei e per la sua felicità.

I coprotagonisti non sono da meno: Minori, Ami e Yuuske hanno dei ruoli un po’ minori ma sono splendidamente sviluppati. Hanno meno tempo sullo schermo e quindi non si scende in ogni minimo dettaglio delle loro vite, ma molto viene detto e molto viene fatto capire. Soprattutto Minori rivela un senso dell’amicizia fuori dal comune, che potrebbe parere molto fasullo ma che più volte ho visto accadere anche nella vita reale. Anche quando vengono rivelati sentimenti negativi, come rabbia o gelosia, essi vengono esternati in maniera logica e rispettando il carattere del personaggio.
Infine, i personaggi un po’ più “di contorno”, che hanno poco spazio, risultano comunque simpatici e si vede che hanno una vita. Non sono dei cartonati messi lì per far da spalla a delle battute, ma si interessano di altre vicende e hanno i loro interessi: capita più di una volta di vedere nelle retrovie una scena che si ricollega ad un’altra di qualche puntata prima, mostrando che anche all’esterno del campo della telecamera la situazione si evolve.
Menzione speciale per Yasuko, la madre di Ryuuji: per un bel pezzo pare una rintronata fatalona, ma rivela una forza d’animo spettacolare e secondo me è uno dei personaggi più commoventi della serie. Ha fatto le sue scelte nella vita, ne ha retto la responsabilità e non rinnega nulla del suo passato, vivendo a testa alta nonostante le difficoltà.

La grafica è davvero ottima, con dei disegni secondo me estremamente belli: qui e là c’è qualche tocco di CG ottimamente realizzato.
L’audio è forse l’unico punto un po’ meno brillante: entrambe le opening non mi son piaciute per nulla, e solo una delle due ending ha incontrato i miei gusti. Fatto personale, ovviamente, ma mi aspettavo qualcosa di meglio.

Insomma, che altro dire? Toradora ha spazzato via tutto ciò ch’io potessi pensare di una love comedy: non c’è un minuto per annoiarsi, non ci sono patetici discorsi triti e ritriti che tutti abbiamo sentito un miliardo di volte, non ci sono personaggi che vorremmo prendere a calci… tutto è stato organizzato in maniera spettacolare per portare varie storie sentimentali diverse tra loro ma unite da un generale sentimento di affetto verso i protagonisti, che imparano a gestire la loro vita da 17enni al meglio delle loro capacità.
Nel suo campo, non sono riuscito a trovargli un singolo difetto.

Voto: 10. Chi ama il genere non può farselo scappare, sarebbe un crimine; chi volesse abbordare una serie che parli d’amore in maniera non melensa, potrebbe iniziare da qui.

Consigliato a: chi vuol vedere sentimenti quasi veri; chi apprezza serie con personaggi ottimamente realizzati; chi vuol conoscere Inko-chan, il pappagallo storpio che non sa dire il suo nome ma sa dire mille altre parole casuali mentre sbava e sembra sul punto di svenire.

Comic Party Revolution

La continuazione di Comic Party: ci porterà più vicini al mondo doujin, o più lontano?

Comic Party Revolution

Questo anime da tredici puntate continua laddove Comic Party si era interrotto: Kazuki è oramai un disegnatore convinto, che vive in funzione delle fiere espositive di tal genere. È attorniato da amiche cosplayer e da amiche/concorrenti, e con loro prosegue lungo la via del disegno amatoriale.

La storia non cambia per nulla, ma le vicende cambiano il protagonista: prima il punto focale dell’anime erano i doujin, la loro creazione, la loro filosofia e il loro fascino (sebbene in maniera abbastanza superficiale); in questa seconda serie tutto ciò viene quasi totalmente tralasciato -tranne qualche attimo nella penultima puntata, quando si da un’occhiata di sfuggita al disegno professionale-, e tutto ruota attorno alle coprotagoniste, che a turno ricevono l’attenzione di questa o quella vicenda.
Questo toglie buona parte del già non eccessivo fascino che la prima serie aveva, poiché elimina la quasi totalità delle discussioni che possono interessare chi ama il genere, diventando uno slice of life piatto e noioso. Mi son trovato a saltar diversi pezzi, poiché già guardando la preview della puntata precedente si capiva esattamente tutto ciò che sarebbe capitato nella successiva!

I personaggi, come detto, non sono esattamente brillanti. C’è qui e là qualche tentativo abortito di romance, ma ciò non prende mai piede: nessuno di loro sviluppa il benché minimo lato del suo carattere, rimanendo fossilizzato nella sua posizione iniziale.

I disegni sono un pochino migliorati dalla serie precedente, rivelando in parte l’origine dating-sim di questa serie: in alcune immagini le ragazze son ben disegnate, e qui e là un pochino di fanservice si fa vedere. La qualità non rimane comunque altissima, in ogni caso.
L’audio è completamente dimenticabile, con opening ed ending anonime, e quasi nessuna musica durante le puntate.

Insomma, questa seconda serie ha preso la prima e ha tolto tutto ciò che la rendeva sopportabile: ha tolto la parte vaaaaaaaagamente istruttiva e ha riempito le puntate di inutilità e discussioni preconfezionate e polverose. Speravo di poter vedere qualche vicenda legata al mondo doujin, ma in questo caso mi sono sbagliato.

Voto: 4,5. Se la prima serie rimane comunque guardabile, da questa credo sia meglio stare alla larga.

Consigliato a: chi ama che si accenni anche solo vagamente al ComiKet e al Tokyo Big Sight; chi non disprezza gli slice of life con il carisma di una tubatura; chi vuole incontrare una mascotte-pesce-mafioso-sigaromunito, unico vero personaggio con carattere della serie.

Bounen no Xamdou

Altresì detto “Xam’d of the Lost Memories”, un anime andato in onda solo su PS3.

Bounen no Xamdou

Ci troviamo in un immaginario futuro, su un immaginario pianeta dove la guerra e l’oppressione son di casa. Akiyuki è un normale studente 16enne, ma rimane coinvolto in un attentato dinamitardo organizzato dal Nord, e in lui si impianta un misterioso essere simil-alieno. La città viene attaccata da tali cosiddetti “human-form”, e lui viene recuperato da Nakiami, una miteriosa ragazza tatuata in faccia che per evitare la sua morte lo porta a bordo di una nave che si occupa di invii postali, insegnandoli a controllare il suo nuovo potere per evitare di trasformarsi in pietra.

Come si puo notare, la trama iniziale è parecchio curiosa e misteriosa: il punto focale di questo anime è difatti la storia, parecchio articolata e con mille misteri.
In tal senso, bisogna dire che alcune delusioni vengono a galla: i misteri son molti e ci si trova in un’ambientazione sconosciuta, ma per la quasi totalità del tempo si viene lasciati nella totale oscurità. Su 25 puntate 20 passano nel più completo mistero, con ben pochi avvenimenti e un generale immobilismo che spazientisce; negli ultimi 5 episodi accade di tutto, compressando miliardi di informazioni in poco tempo. Gli anim che hanno dei misteri mi piacciono, ma quando essi vengono mantenuti a oltranza diventa controproducente perché lo spettatore non riesce a capire il motivo per il quale alcune cose accadono.
Alcuni misteri inoltre rimangono insoluti: l’intero motivo della guerra in corso, l’esatta natura degli Xam’d, le ragioni che spingono i personaggi a muoversi in tal modo sono abbastanza flebili. Alla fine viene data qualche motivazione, ma rimane ampiamente insufficiente per motivare il tutto.

Se c’è una cosa che è ben riuscita, invece, è l’ambientazione in sé: ci troviamo nel futuro, ma ci sono alcuni aspetti della cultura steampunk che rimangono presenti. La presenta di immensi motori meccanici, una società ucronica che controlla e opprime; questi elementi vengono ben mischiati a tecnologie future e situazioni complicate dovute alle guerre in corso (sebbene esse, come sopra detto, non vengano mai ben chiarite). Questo porta un generico alone d’interesse attorno alla serie, e aiuta anche nei momenti più bui e noiosi a continuare la visione.
Va detto però che, nonostante l’inizio con qualche battuta e l’ultima mezza puntata che tenta di riportare la luce nella serie, questo anime è decisamente opprimente e depressivo: le vicende che capitano sono via via più drammatiche, con scelte dolorose per i personaggi, abbandoni non voluti e decessi relativamente imprevisti: di certo non è una serie leggera, e va guardata sapendo che si assisterà ad una storia prettamente drammatica.

Sui personaggi, invece, ho impressioni miste: da una parte si può vedere che è stato fatto un buon lavoro nel crearli, dato che ci sono molti personaggi diversi che -sebbene abbastanza abituali- si intersecano bene tra loro; d’altra parte lo sviluppo è abbastanza aleatorio e incostante. In una serie in cui alcuni personaggi dovrebbero imparare a rapportarsi con l’umanità tutta e altri dovrebbero capire come gestire il loro teoricamente sconfinato potere, questo difficilmente può venire perdonato. Akiyuki per 25 puntate gira con’sto braccio mostruoso a farsi curare da Nakiami non appena va fuori controllo, e poi a puntata 26 misteriosamente grazie alla classica “frase rivelatrice” capisce tutto e diventa superfigo… non quadra per nulla.
I coprotagonisti fanno invece una figura un po’ migliore, soprattutto i genitori dei protagonisti: sembrano parecchio reali con i loro problemi e la loro disperazione, e mi son trovato a tenere più per loro che non per chi guidava la storia.

L’aspetto grafico è ottimamente curato, con disegni all’altezza dell’anno di produzione (2008) ed effetti 3D davvero imponenti; anche sulla musica viene fatto un ottimo lavoro, con openind ed ending brillanti e ben ritmate che son piacevoli da ascoltare. Soprattutto la canzone di chiusura mi ha sorpreso, cantata in perfetto inglese e davvero bella.

In conclusione, un paragone è d’obbligo: questo anime, creato dalla BONES, è praticamente la fotocopia di un loro altro lavoro, Eureka Seven; stessa struttura narrativa, stesso tipo di personaggi, stessa nave viaggiante che va a spasso in mezzo ad un mondo in guerra, stessi misteri.
Il paragone va tuttavia a palese vantaggio della serie sopra citata, poiché Bounen no Xamdou non riesce a curare i propri personaggi a dovere, rendendo la trama singhiozzata e frammentata: la logica inoltre qui e là ha qualche mancanza, e questo è davvero un peccato.

Voto: 6,5. Mi aspettavo di più da questa serie, che rimane comunque relativamente piacevole da guardare; peccato che la copia sia riuscita parecchio peggio dell’originale, Eureka Seven.

Consigliato a: chi ha amato gli altri lavori della BONES, e non vuole perderseli; chi non è infastidito da misteri che vengono mantenuti senza spiegazioni per tutta la serie; chi vuol conoscere la vecchina con la mira più brillante di tutti i tempi.