Un volo nel passato, con uno dei primissimi lavori di un imberbe Miyazaki.
Panda Kopanda
Mimiko è una giovane bambina che vive con sua nonna: un giorno, quest’ultima deve recarsi al memoriale del defunto marito e lascia la nipotina da sola a casa, tra mille preoccupazioni.
Appena arrivata a casa, tuttavia, l’energica e positiva Mimiko fa un incontro meraviglioso: incontra un piccolo panda parlante e il suo babbo, che si stabiliscono a casa sua! Essendo Mimiko senza genitori, gradisce molto l'”invasione”, e la loro vita diventa un susseguirsi di esperienze tutto sommato ordinarie ma comunque positive e felici.
Come si capisce, da questo lavoro non ci si aspetta una grande trama: si nota innazitutto l’embrione di ciò che, sedici anni dopo, diventerà Totoro. Le vicende sono semplici: la vita di tutti i giorni, la golosità di Papanda (il papà panda… grande fantasia!), le scoperte di Kopanda (che vuol semplicemente dire “piccolo panda”), una curiosa gita allo zoo con conseguente viaggio in treno, il mondo del lavoro per un panda – che chiaramente si svolge allo zoo… nessun’epica avventura, eppure la generica impressione che ne deriva è quella di un ambiente positivo, costruttivo e allegro.
Lo spettatore va tuttavia avvisato: questo film diviso in due episodi, di una durata complessiva di poco meno di un’oretta, è sicuramente indirizzato a bambini di giovane età; fino ai dieci anni è sicuramente adorabile, mentre con il crescere dell’età le situazioni e le scenette comiche risultano forse un po’ troppo semplici.
I tre protagonisti sono molto lineari, ma non per questo meno apprezzabili: Mimiko è senza dubbio un vulcano d’iperattività, Kopanda è l’equivalente di un bambino curioso e il placido Papanda porta tranquillità e, quando necessario, sicurezza paterna: figure sicuramente stereotipate al giorno d’oggi, ma che risultano gradevoli e che ben rappresentano le classiche personalità positive riscontrabili nei più classici lavori d’animazione.
Non c’è chiaramente quasi alcun sviluppo nel rapporto tra loro, idilliaco sin dall’inizio: ciò non risulta tuttavia necessario per la struttura di Panda Kopanda, che verte più sulle singole situazioni e su rapporti interpersonali positivi piuttosto che sulla trama e sull’evoluzione degli attori.
Il disegno risulta chiaramente datato e semplice, con un’animazione basilare: non bisogna dimenticare che è un lavoro che risale a oltre trentacinque anni fa! È ovvio che il tratto dimostri i suoi anni, ma risulta più naturale e sincero di parecchie pastrocchiate in CG che ci tocca vedere al giorno d’oggi.
L’audio si presenta con una canzoncina orecchiabile ed allegra, parecchio simile ad una cantilena per bambini: è perfettamente in tono con l’umore generale dell’insieme.
Insomma, Panda Kopanda è sicuramente un lavoro che al giorno d’oggi può sembrare scarno e semplice: non bisogna tuttavia dimenticare che da creazioni come queste sono nati alcuni dei capolavori dei giorni nostri, e che per un bambino anche un tratto semplice può risultare più affascinante di mille effetti speciali, se coadiuvato dal giusto apporto di positività.
Nota: 7. I difetti e i limiti sono chiari, ma al giusto target e col giusto occhio risulta assolutamente gradevole.
Consigliato a: chi ha meno di dieci anni; chi si sente un archeo-otaku; chi si chiede quanto può essere forte un panda generalmente mezzo assonnato.