Shikabane Hime

…Adolescenti zombie che, con molteplici armi da fuoco e non, danno la caccia a mostri infernali.

Shikabane Hime


Nel mondo dei giorni nostri, molta gente muore in modo inaspettato ogni giorno. Qualora una persona con una fissazione o dei forti attaccamenti morisse senza avere il tempo di accettare il suo fato, diventerebbe un cadavere vivente: un mostro che, per soddisfare il suo oramai impossibile sogno, divora vite altrui.
Per evitare che tali esseri minaccino l’esistenza dell’umanità, una società buddista ha provveduto a trovare l’arma perfetta contro di loro: le Shikabane Hime (“principesse cadavere”), che non sono altro che ragazze morte che hanno potuto esser riportate alla vita sotto controllo di un prete che evita che diventino unicamente altri cadaveri come quelli che stanno cacciando: quando la Shikabane Hime riuscirà ad uccidere 108 cadaveri, potrà ascendere in paradiso.
Ouri è un orfano, che vive assieme al giovane sacerdote Keisei: quest’ultimo -Oori scopre con grande sorpresa- ha un contratto con Hoshimura Makina, una Shikabane Hime, per combattere contro le mostruosità che si creano ogni giorno.
In quale modo questa conoscenza cambierà la sua vita? È vero che i cadaveri sono soltanto degli esseri senza mente, e che non possono organizzarsi? L’unico scopo di Makina è quello di uccidere 108 vittime, oppure ha un secondo fine?

Va in primis detto che questa serie è teoricamente divisa in due: Shikabane Hime: Aka e Shikabane Hime: Kuro. Ognuna delle due serie ha 13 puntate, ma le stesse sono strettamente conseguenti e non c’è interruzione di continuità: sono inoltre state proiettate in Giappone a ben poca distanza l’una dall’altra, e quindi tratterò il tutto come una serie unica.

Come si può capire dal breve riassunto sopra effettuato, il potenziale per creare un anime tutto azione, macello, distruzione, mistero e tamarraggine è presente: come mai tale successo annunciato si è trasformato in un mezzo flop?
Iniziamo ad esaminare la trama. La stessa parte abbastanza bene, con vari misteri che vengono presentati e un culto che sin dall’inizio si capisce che non la racconta giusta. Purtroppo, durante il proseguio della serie, ci si accorge di due cose: in primis che il ritmo al quale vengono effettuate delle scoperte è totalmente incostante, dato che ci sono magari 3-4 puntate senza alcuna particolare rivelazione, e poi in dieci minuti si viene bombardati da talmente tante nuove informazioni (piovute generalmente dal nulla) che la sorpresa lascia spazio alla fatica di immagazzinarle tutte, per poi tornare ad un eventuale ulteriore puntata senza nessun cambiamento. Questo continua durante tutta la serie, con forte accentuazione nella seconda metà: qui si continua ad avere novità e contro-novità a spron battuto.
Evito di commentare il finale, secondo me bruttino e inconcludente.

I personaggi, purtroppo, non si comportano molto meglio: il gruppo iniziale pare pronto a spaccare (letteralmente) il mondo, ma i comprimari vengono immediatamente tagliati fuori. Tutte le Shikabane Hime che non siano Makina (ed in un paio di puntate un’altra, ma è una cometa che in seguito sparisce senza lasciar traccia di sé) diventano quasi immediatamente delle comparse utilizzate solo per sottolineare l’ovvio, così come i relativi sacerdoti contrattori.
I protagonisti stesso non brillano particolarmente: Makina è la classica eroina che prende schiaffoni di continuo finché non succede qualcosa che la scuote dal torpore e le fa piantare il colpo finale superplus della morte: i ragionamenti sono ridotti al minimo. Lo sviluppo emotivo suo (e di Oori in corrispondenza) non è malaccio, ma ci mette un pochino troppo ad ingranare sul serio. Oori stesso è abbastanza inutile ai fini della storia: corre qui e là, ma alla fine non risulta mai utile per nulla. Impara abilità a caso senza motivo, e questo di certo non serve a farlo risultare particolarmente coerente con la sua crescita personale.
Ci sono altri personaggi che qui e là hanno parti abbastanza importanti, ma quasi ogni volta sono utili soltanto per 30-40 minuti e poi tornano nel totale anonimato.

I cattivi, che spesso e volentieri danno il vero pepe alla storia, risultano davvero ridicoli: ci sarebbero otto principali opponenti, ma va detto subito che di questi ne si sentono parlare solo 4: gli altri fanno da decorazione scenica, senza praticamente alcun ruolo più lungo di 4-5 minuti. Quelli che risultano più sviluppati, lo sono comunque in maniera poco brillante, rendendo gli scontri abbastanza piatti.

Proprio sugli scontri va detto ancora qualcosa: essi (che a mio parere avrebbero dovuto essere il vero fulcro di una serie così votata all’azione sfrenata) sono decisamente pochi rispetto a quel che ci si potrebbe aspettare, e soprattutto risultano troppo corti e frammentari: quando si ha il combattimento dell’eroina principale contro uno dei suoi più forti antagonisti non si possono far vedere due spezzoni da un minuto e basta, se per giunta non sono nemmeno di super-azione! Questo si ripete durante tutta la serie: o gli scontri sono come quelli prima detti (protagonista le prende finché non succede X, e poi vince senza problemi), oppure durano poco e risultano poco affascinanti.
Ci sarebbe il materiale per creare un AMV epico ed impressionante, ma non molto di più: mi aspettavo di molto meglio.

Il disegno segue lo stile classico Gainax, sebbene non sia d’eccelsissima qualità: l’audio è gradevole, e opening/ending sono ben orecchiabili.

Insomma, che altro dire di Shikabane Hime? Come si è capito, sono rimasto molto deluso da questo lavoro. Le carte teoriche per una serie al pari di Black Lagoon o simili c’erano tutte, eppure è stato prodotto un lavoro che posso solo definire “senz’anima”. Mentre si guardano le scene si sente un progressivo senso di distacco dalla vicenda, che porta la noia a serpeggiare qui e là: essa cresce sempre più, fino a quando si arriva al momento delle grandi rivelazioni totalmente disinteressati e pertanto senza più l’interesse a sapere un seppur malconcio “perché”.

Voto: 6. Buttare nel cesso un simile potenziale è una cosa che mi fa veramente imbestialire. Avrebbero potuto far di tutto, e han creato una robetta da quattro soldi: la prima parte risulta anche abbastanza guardabile, ma seconda cede miseramente al logoramento. Ho meditato a lungo se scendere a 5,5, ma in effetti devo ammettere che qui e là alcuni momenti sono risultati anche carini.

Consigliato a: chi vuol comunque vedere ragazze zombie che sparano a mostri zombie; chi gradisce storie con colpi di scena talmente a catena che il cambio di fronte è continuo; chi vuol conoscere i nuovi confini della necrofilia.

Strait Jacket

Una miniminiserie di tamarraggine e magia negli anni ’20:

Strait Jacket

Nel 1899, viene scoperto un sistema per portare la magia nel nostro mondo. Questo porta ad un’evoluzione tecnologica senza precedenti, con possibilità pressoché infinite: purtroppo, però, ci sono anche dei rischi da non sottovalutare.
L’eccessiva esposizione alla magia porta infatti le persone a trasformarsi in demoni infernali, il cui unico interesse è massacrare la popolazione inerme. In tal caso entrano in azione gli Stregoni Tattici, che con un possente armamentario magico riescono a debellare le minacce demoniache.

Steinberg è uno Stregone Tattico senza licenza, che lavora com freelance dove c’è bisogno: sarebbe illegale, ma il fatto che porti a termine le sue missioni porta la polizia a chiudere un occhio sulle irregolarità. Nelle tre puntate che compongono Strait Jacket, ci troviamo pertanto a seguire l’attività e gli incontri che tale lavoro comporta.

In una sola ora è difficile creare un ambiente, dei personaggi credibili, uno sviluppo sostanzioso ed un finale appagante: Strait Jacket riesce in alcune parti (ambiente, personaggi, finale) ma si lascia sfuggire lo sviluppo, troppo affrettato – proprio in virtù della brevità – e poco corposo. Se avessero fatto almeno sei puntate, sarebbero riusciti a far evolvere molto meglio la trama. Peccato.

Come detto, i personaggi sono molto gradevoli: ovviamente si rivela poco su di loro, ma sicuramente hanno stile – che non è una cosa da poco. La coppia Steinberg-Kapel è ben riuscita, e anche in questo caso una serie più lunga avrebbe potuto rivelare particolari interessanti.

I disegni sono estremamente gradevoli e gli effetti magici non sono malaccio: la tamarraggine nelle scene d’azione è considerevole e benvenuta. Il sangue è parecchio, ben realizzato: i demoni sono distorti fino ad essere quasi disturbanti, come è giusto che sia.
Il sonoro è decisamente bello, con delle ottime canzoni (di cui un paio in francese): si sono impegnati nonostante la brevità dell’opera.

Insomma, Strait Jacket pare essere il lungo trailer di una serie più lunga, che però purtroppo non esiste. Peccato, perché il materiale è valido e le idee non erano malaccio: possiamo magari sperare in un remake o in un allungamento della serie, perché l’atmosfera era quella giusta.

Voto: 7,5. Carino, ma non si spinge oltre per i difetti sopra descritti.

Consigliato a: chi non si fa spaventare dal sangue usato a mo’ di vernice sulle pareti; chi ha un’oretta da occupare con un po’ di tamarrate, un po’ di tristezza e un po’ di filosofia spicciola; chi, come me, vuole chiedersi come mai nella magia devono urlare EXIST! per disintegrare le cose.