Quando gli otaku rivelano sé stessi:
Genshiken
Avete mai pensato “la vita negli anime/manga è più interessante di quella vera, che bello sarebbe vivere dentro uno di essi!” o “mangiare e dormire sono fastidiose necessità che ritardano la mia lettura”, oppure “l’unica cosa che conta davvero è possedere l’album più raro del mio disegnatore preferito, posso sacrificare tutto il resto” e roba simile? Se no, lasciate stare questo anime poiché non fa per voi.
La storia parla difatti di Sasahara Kanji, un otaku in erba che arrivando all’università finisce nel gruppo “Genshiken”, abbreviazione per “Società per lo studio della cultura visuale moderna”. Il nome altezzoso cela tuttavia un gruppo di otaku di prima categoria, di ogni tipo: c’è il disegnatore di manga sociopatico, c’è il sarto malato di cosplay (e la sua interprete), c’è l’entusiasta onniscente,… quando Sasahara entra in questo gruppo, capisce cosa vuol dire essere DAVVERO otaku, e come vivere in funzione di ciò.
La serie inizia con il botto: per le prime quattro o cinque puntate mi son trovato ogni due minuti a puntare il video contro lo schermo e dire CAZZO SÌ!, perché chi ha prodotto questa serie ha capito tutto del mondo dei fanatici. Sono riusciti infatti a rivelare con una facilità disarmante tutti i classici processi mentali di chi fa dell’animazione e della fumetteria giapponese un culto assoluto.
Ogni pensiero che i protagonisti fanno è al 100% naturale e ovvio per chi entra in tale cerchia, e questo fa capire che chi ha creato Genshiken è uno di loro.
Ci sono molti riferimenti a vari cartoni, anche se la passione comune di tutti (al di fuori di Kujibiki Unbalance, una serie che i nostri protagonisti seguono e amano) è chiaramente orientata verso i Gundam, e molti riferimenti vanno in tale direzione.
Non c’è però un citazionismo inutile: le varie frasi vengono utilizzate così come ciò viene fatto naturalmente in un gruppo di conoscitori, e non alla cazzo come spesso si vede in molte serie che vogliono fare le citazioni tanto per guadagnare un po’ di popolarità.
Ci sono chiaramente anche dei punti meno positivi, in questa serie: con il tempo il grado di otakuaggine infatti scende pian pianino per lasciare un po’ più di posto alle storie dei personaggi che si sviluppano. Questo di per sé non è un male, ma personalmente mi son sentito un po’ tradito… dopo un inizio tanto spettacolare, vedere che il grado di profondità nelle analisi otakuistiche scende mi fa pensare che avessero msotrato tutto quel che volevano davvero mostrare nelle prime puntate, e poi hanno cominciato una serie simil-normale.
Con la seconda serie (Genshiken è composto di due serie da una dozzina di puntate e un OAV che si situa tra le due) la cosa diventa ancora più chiara, e questo anime diventa una specie di classica love comedy con un sottofondo nerdoso.
Rimane comunque godibile, questo sì… ma non è più la stessa cosa. Il finale della seconda serie fa chiaramente capire che ce ne sarà una terza, ma oramai la strada presa è ben lontana da quel capolavoro che si prospettava con le prime puntate, andando verso strade più canoniche e consolidate.
Da notare una simpatica aggiunta: è stato realizzato, assieme alla prima serie, l’OAV di Kujibiki Unbalance, la serie che in origine era unicamente una serie di fantasia che veniva proiettata all’interno dello show: non ci si bisogna aspettare niente di ché, ma è un’idea davvero carina.
Voto: 8. Sarebbe più alto per la prima parte e più basso per la seconda: è comunque un prodotto di nicchia, per specialisti del settore.
Consigliato a: chi è davvero un otaku; chi vuole aumentare la propria cultura su tale campo; chi vuol vedere cosa sarei diventato io se fossi nato in Giappone.