Quanto lontano si può arrivare per vendetta? Fino alle vette dello show-biz?
Skip Beat!
Kyoko è una ragazza che per amore di Shotaro, suo amico d’infanzia, ha abbandonato tutto: subito dopo le scuole medie lo ha seguito a Tokyo per assisterlo nel suo sogno di diventare una stella dello spettacolo. Con la sua fama oramai in stabile crescita, tuttavia, Kyoko nota che il distacco è sempre maggiore: nonostante lei abbia rinunciato a qualsiasi studio, abbia due lavori per mantenere un lussuoso appartamento, cucini, lavi, stiri e quant’altro, non riceve mai nulla in cambio.
Continua tuttavia a sopportare il tutto, fino a quando per errore non scopre che Shotaro l’ha sempre usata come sguattera, senza mai essersi interessato a lei!
In preda alla più incontenibile furia, Kyoko giura pertanto vendetta – solo per sentirsi derisa da Sho. Come può una comune ragazzina toccare una star? La sfida è lanciata: “diventa qualcuno nel mondo dello spettacolo, e fammi vedere cosa vali!”
Kyoko prende alla lettera le parole del suo oramai giurato nemico, e inizia la sua strada per immettersi nel difficile e finora sconosciuto mondo dello show-biz. Ma ce la farà ad entrare in un’agenzia rinomata? A cosa dovrà sottoporsi per poter primeggiare sulle tante concorrenti? Sho le farà fare tutto quel che vuole?
Questo anime di venticinque puntate è composto da molte parti importanti: iniziamo a valutare la trama in sé, legata al progredire di una ragazza inizialmente senza particolari talenti nello spietato mondo delle agenzie di personaggi famosi. Bisogna ammettere che, nelle prime puntate, si ricorre al sempre abusato trucco del “finché hai le palle per farlo ce la fai”, e questo risulta un po’ artificioso – soprattutto perché è ben risaputa la difficoltà dei provini in cui si cercano star da lanciare alla ribalta.
Anche il sistema del ripescaggio, dovuto al lungimirante direttore, sembra quantomeno tirato per i capelli: la sezione “Love Me” mal si integra con quel che in seguito si vedrà.
Questo non faccia però pensare che l’intera struttura sia instabile: concedendo tali scivoloni iniziali (pressoché necessari, dato che Kyoko dal nulla si getta in un mondo sconosciuto!), una volta ingranata la situazione le cose migliorano sensibilmente. Quando Kyoko inizia a cimentarsi con la recitazione è uno spettacolo: generalmente utilizza tutta la sua rabbia repressa e il suo indicibile odio, unitamente ad un innato talento recitativo che si scopre man mano, per stravolgere le carte in tavola ed offrire sia ai protagonisti che agli spettatori delle performances veramente impressionanti. Il disegno aiuta moltissimo in ciò (e su ciò torneremo in seguito), e sicuramente la seyuu (Marina Inoue, che ha anche fatto Yoko in Tengen Toppa Gurren Lagann… robetta da niente) fa un lavoro più che eccelso nel rappresentare degli stati d’animo che posson passare dall’angosciato al crudele con il massimo effetto.
Bisogna dire che Kyoko ha, nella recitazione, due aiutanti d’eccezione: i due coprotagonisti principali, Ren e Kanae, agiscono con egual abilità e quando s’incontrano sul set creano delle sezioni davvero interessanti.
La seconda cosa che risalta in questa serie -e in questo caso, risulta ovvia sin da subito – è la potente comicità che soprattutto nella prima parte esiste. Si ha il solito set di battute, ma in questo caso l’umorismo si distacca lievemente dalle abitudinarie scenette: in questo caso, a creare la maggior parte di situazioni divertenti sono gli atteggiamenti demoniaci di Kyoko (che ricorda in maniera estrema Sunako di Yamato Nadeshiko Shichi Henge, con cui ha moltissimi tratti in comune) e la serafica calma, che nasconde una fredda furia, di Ren: giocando principalmente su questi due elementi si riescono a creare un numero impressionante di situazioni davvero divertenti che, nonostante ad un prim’occhio possano sembrare ripetitive, riescono sempre a strappare un sorriso.
Anche altri personaggi partecipano a varie scenette, ma sono in misura decisamente minore: la parte da leone è rappresentata dai due elementi sopra citati. Anche in questo caso, un punto assolutamente vitale è l’animazione e il disegno, che spesso fa più ridere delle battute stesse – soprattutto quando Kyoko esprime tutta la sua incontenibile follìa omicida verso qualcuno.
Purtroppo (per i miei gusti, perlomeno) questo ambiente di divertimento viene un po’ rarefatto quando, nella seconda metà della serie, si entra a capofitto nel mondo della recitazione e quando iniziano a comparire i seppur prevedibili legami d’empatia tra i vari attori in gioco.
Parlando di ciò, sicuramente va detto il terzo punto su cui Skip Beat! mette l’accento: i sentimenti. Non si terrorizzino gli antagonisti degli anime sentimentali, poiché qui non cola amorepuccipucci dalle pareti, con il rischio di prendere il diabete solo guardando una puntata.
Si passano infatti molti diversi stati d’animo e tante emozioni vengono vissute dai vari personaggi: la solitudine, l’allegria, l’abbandono, l’amicizia, l’odio (tanto, taaanto odio!), il rimorso, la speranza,… tutti vengono espressi con sufficiente delicatezza, per non far diventare la serie un polpettone melenso, e questo porta anche i meno avvezzi a sopportare con facilità tali eventi, lasciando però agli amanti di tali emozioni il gusto di assaporarli in maniera brillante.
Verso la fine, come detto, viene un po’ accantonato il lato comico (questo non vuol dire che non si rida, ma accade meno spesso) per puntare di più sull’aspetto empatico dei personaggi che oramai si è arrivati, in linea di massima, ad apprezzare e rispettare: in questo si potrebbero trovare delle similitudini con Nana, che dell’aspetto multi-sentimentale aveva fatto un suo cavallo di battaglia.
Il disegno è davvero epico. Chi leggesse questa recensione e poi andasse a vedersi la serie, potrebbe inizalmente pensare che io sia matto: il fatto è che il punto focale non è la capacità tecnica della Hal Film Maker (che pure ha creato un anime molto bello da vedere), ma l’utilizzo delle varie tecniche (facce ultraserie alla Minami-ke, super-deformed,…) è mescolato alla perfezione per dare il massimo della resa in tutte le varie situazioni – e soprattutto nei due aspetti che più ho gradito, la recitazione e la comicità.
Anche l’audio è di tutto rispetto, con due opening e due ending ben orecchiabili (sebbene la prima coppia mi sia parsa decisamente migliore della seconda) e un supporto audio adeguato alle situazioni.
Insomma, un capolavoro, una meraviglia, una pietra miliare? Beh, non proprio. Skip Beat! risente comunque di qualche difettuccio: come indicato prima, l’inizio fatica un po’ ad ingranare dal punto di vista della trama e il finale perde un po’ di mordente sul lato comico (seppur quest’ultimo dettaglio sia giustificabile dai problemi in corso, ed è encomiabile che comunque non si sia caduti nell’assoluta serietà), e qualche punatata forse può risultare un po’ sottotono.
Inoltre, il finale è davvero tranciato con un machete: capisco che il manga sia tuttora in produzione, ma arrivare ad un punto vagamente più definito anziché mutilare tutto senza concludere ALCUNA trama, seppur minimamente, risulta davvero fastidioso.
L’unica speranza, per me che non ho letto il manga, è in una seconda serie: se la qualità rimanesse la stessa della prima potremmo trovarci ad un’ottima serie comica (qualora si riprendesse l’aspetto ilare delle situazioni) oppure una deriva che potrebbe portare verso un mondo più serio, come in Nana, dato che le basi potrebbero esser state gettate. Chissà…
Voto: 8,5. Un’altalena di sensazioni, qualche discorso davvero carino, parecchie risate e un personaggio che può diventare Satana: decisamente di mio gradimento, nonostante il paio di pecche.
Consigliato a: chi apprezza le commedie d’amore con molta commedia e non troppo sentimento; chi gradisce battute crudeli e che augurano morte e distruzione a chiunque capiti a tiro; chi vuole un pollo gigante a cui confessarsi.